Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 7 ottobre 2023

Il testo integrale della lettera pre-Sinodo del cardinale Zen

Nella festa della Madonna del Rosario e nel ricordo della vittoria di Lepanto, rilanciamo la traduzione italiana della lettera del card. Zen – intrepido cardinale cinese ed arcivescovo emerito di Hong Kong, firmatario dei Dubia, insieme ai cardd. Burke, Sarah, Brandmueller e Sandoval – inviata a cardinali e vescovi sul Sinodo in corso, in questi giorni, in Vaticano, sulle molteplici irregolarità di quest’assise. Cfr. su questa lettera, Luisella Scrosati, Il cardinale Joseph Zen denuncia il regime sinodale, in LNBQ, 6.10.2023. Questa missiva, unitamente ai Dubia da noi pubblicati (vqui), senz’altro pone all’attenzione della Chiesa delle questioni di non poco rilievo circa la natura e la legittimità di quest’assemblea, nonché in ultima analisi fa sorgere degli interrogativi se quanto dovesse prodursi da essa possa dirsi davvero espressione della Chiesa e se possa dirsi proveniente dall’ispirazione dello Spirito Santo. Significativa, a questo riguardo, è la domanda posta, dalla giornalista Diane Montagna, al dott. Paolo Ruffini, Prefetto della Segreteria per le Comunicazioni vaticane. La giornalista aveva chiesto “Come discerne questa assemblea se qualcosa viene dallo Spirito Santo o da un altro spirito?”. La risposta del dott. Ruffini semplicemente è stata semplicemente evasiva e generica. La stessa ha replicato su come si potesse sapere che fosse lo Spirito Santo. A questa richiesta di precisazione non è seguita alcuna risposta. Evidentemente, in Vaticano, non sanno come discernere ciò che provenga dallo Spirito Santo e quanto da altri … ehm … spiriti. E francamente guardando le modalità di lavoro dell’assise sinodale, con singoli tavoli rotondi, è più facile immaginare che si manifesti qualche pizza o una cacio e pepe, piuttosto che lo Spirito Santo.

Buona lettura.





Domande e risposte a Diane Montagna

Tavoli dell'assise sinodale nell'Aula Nervi

Documenti. Il testo integrale della lettera pre-Sinodo del cardinale Zen


(s.m.) Ampiamente citata dal sito statunitense “The Pillar”, la lettera inviata a fine settembre dal cardinale Giuseppe Zen-zekiun a diversi cardinali e vescovi sulle questioni aperte dalla convocazione del Sinodo in corso dal 4 ottobre è ormai uscita dal recinto del “confidenziale” ed è bene che sia letta per intero.

È lo stesso Zen a presagire questo esito, quando verso la fine della lettera scrive: “Io la intendo come confidenziale, ma sarà difficile che non arrivi in mano ai mass media. Vecchio come sono, non ho niente da guadagnare, niente da perdere. Sarò contento di aver fatto quello che credo di essere in dovere di fare”.

Dall’alto dei suoi 91 anni, ma soprattutto di una vita spesa nell’eroica difesa della “libertas ecclesiae” in una terra ostile come la Cina, già vescovo di Hong Kong e recentemente condannato per aver sostenuto la resistenza della città al prepotere del regime di Pechino, Zen si rivela in questa lettera anche un combattente appassionato e franco per preservare il Sinodo e la Chiesa da quella che ritiene una deriva disastrosa.

Ecco dunque la lettera, nella versione italiana predisposta dallo stesso cardinale Zen.

*

Cara Eminenza, Cara Eccellenza,

sono il suo confratello Giuseppe Zen dalla lontana isola di Hong Kong, un vecchio infermo di 91 anni, ordinato vescovo più di 26 anni fa. Scrivo questa lettera perché, conscio di essere ancora in possesso delle mie facoltà mentali, sento il dovere di salvaguardare, come un membro del Collegio dei Successori degli Apostoli, la sacrosanta tradizione della fede cattolica.

Indirizzo questa lettera a voi, membri del prossimo Sinodo sulla sinodalità, perché suppongo che siate preoccupati, come sono io, di come andrà a finire il suddetto Sinodo.

Sinodalità è una parola piuttosto nuova, dall’etimologia si può capire che si tratta di uno spirito, di “parlare insieme e camminare insieme”; per la Chiesa cattolica vorrà dire “comunione e partecipazione di tutti j membri della Chiesa nella missione evangelizzatrice”. Capito così, il tema di questo Sinodo sembra utile e sempre attuale, e sarà un’occasione conveniente per chiarire come nella Chiesa si debba vivere questa sinodalità.

Ora c’è un documento recentissimo “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, frutto del lavoro (negli anni 2014-2017) di una sotto-commissione della Commissione Teologica Internazionale, il cui presidente ex-officio è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La sotto-commissione ha concluso il suo lavoro nel 2017, il testo è stato approvato dai membri della Commissione nel corso della sessione plenaria di quell’anno, e finalmente approvato dal Prefetto della Congregazione nel 2018, dopo aver ricevuto il parere favorevole da Papa Francesco.

Il documento comincia nella sua prima parte con i fatti storici dei Sinodi e dei Concili (il significato dei due termini è convergente), specialmente il Concilio Apostolico di Gerusalemme (Atti 15), che è la figura paradigmatica dei Sinodi celebrati dalla Chiesa.

La descrizione di quel Sinodo, nei paragrafi 20-21 del documento, può riassumersi così. Nella diffusione del Vangelo, emerge un problema: se i non-Ebrei per farsi membri della Chiesa di Gesù debbano passare per la circoncisione e l’accettazione della legge mosaica. Il problema, acutamente sentito in Antiochia, viene deferito alla Chiesa di Gerusalemme, la quale tutta prende parte nello svolgimento per sciogliere il problema. “L’iniziale diversità di opinioni e la vivacità del dibattito, alla luce della parola profetica (vedi Amos 9,11-12), nel reciproco ascolto dello Spirito Santo attraverso la testimonianza della sua azione (vedi Atti 15,14-18), approdarono a quel consenso e unanimità che è il frutto del discernimento comunitario”. Gli Apostoli e gli Anziani comunicarono il risultato del Concilio alle Chiese con una lettera in cui si dice: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi”.

Nel paragrafo 5 del testo della Commissione si dice: “La novità della parola sinodalità chiede un’attenta messa a punto teologica”. Nel paragrafo 7 dice:”Mentre il concetto di sinodalità richiama la partecipazione di tutto il popolo di Dio, [...] il concetto di collegialità precisa il significato teologico e la forma di esercizio del ministero dei vescovi [...] mediante la comunione gerarchica del collegio episcopale con il vescovo di Roma”. E più avanti dice: “Ogni autentica manifestazione di sinodalità esige per sua natura l’esercizio del ministero collegiale dei vescovi”.

Nella seconda parte, il documento propone i fondamenti teologici di questa dottrina, che si trovano specialmente nella “Lumen gentium”, dove specifica che al servizio del popolo, tutto sacerdotale e profetico, c’è un sacerdozio ministeriale, ordinato, che serve questo popolo, guidandolo con il servizio dell’autorità.

Mi ha sorpreso non poco quando, leggendo i tanti prolissi documenti emanati dalla Segretaria del Sinodo, trovo così pochi riferimenti al documento summenzionato.

Per di più:

1. Mi confonde il fatto che, da una parte, mi dicono che la sinodalità è un elemento costitutivo della Chiesa, ma, dall’altra, mi dicono che è ciò che Dio aspetta da noi per questo secolo (come una novità?). Come può Dio aver dimenticato di far vivere questo elemento costitutivo della Chiesa per i venti secoli della sua storia? Non confessiamo che la Chiesa è una, santa, cattolica, apostolica, intendendo con ciò che è stata sempre anche sinodale?

2. Ancora maggiore confusione e preoccupazione sento, quando vedo suggerito che finalmente è venuto il momento di rovesciare la piramide, cioè con la gerarchia sormontata dal popolo laico. Nel documento preparatorio, fin dall’inizio, si dice chiaramente che, per una Chiesa sinodale, occorre ricostituire la “democrazia”.

3. Ma ancora più preoccupazione sento, quando si nota che, mentre veniva convocato questo Sinodo {che viene presentato come una cosa senza precedenti) c’era già in corso in Germania un “sentiero sinodale” dove, con uno stranamente compiaciuto “mea culpa” per gli abusi sessuali, la gerarchia ed un gruppo di laici (Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi ZdK, non si sa quanto rappresentativo, ma si viene a sapere che sono quasi tutti impiegati della Chiesa) propongono un cambio rivoluzionario della costituzione della Chiesa e dell’insegnamento morale riguardo alla sessualità. Più di un centinaio tra Cardinali e Vescovi da diverse parti del mondo hanno scritto una lettera di ammonizione all’episcopato in Germania, ma essi non riconoscono di essere in errore.

Il Papa non ha mai ordinato che questo processo della Chiesa in Germania si fermasse. In occasione della loro visita “ad limina”, si sa che il Papa ha conversato per due ore con i vescovi tedeschi, ma non si è pubblicato un discorso del Papa su “L’Osservatore Romano” come si è solito fare in queste visite. Invece viene pubblicato un discorso del Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Cardinale Marc Ouellet, in cui li prega di non procedere, ma di aspettare le conclusioni del Sinodo. Come risposta, un chiaro diniego perché, dicono, “c’è l’urgenza pastorale di procedere”(!?).

Un sintomo allarmante è il continuo calo numerico dei fedeli in Germania; secondo dati ufficiali il calo ha superato il mezzo milione nel 2022. La Chiesa lì sta morendo.

Questo ci ricorda la penosa sventura della Chiesa in Olanda, la quale, dalla cima di quando aveva il 40% della popolazione nazionale, è caduta fino alla sua quasi totale scomparsa oggi. Non è difficile vederne la causa: un movimento, quasi uguale a quello attuale in Germania, che lì è cominciato quasi subito dopo il Concilio Vaticano ll.

Non mi sembra fuori posto menzionare il grande scisma che pende sulla Comunità Anglicana. Gli arcivescovi del Global Anglican Future Conference (GAFCON) hanno mandato una lettera all’Arcivescovo di Canterbury, dicendogli che, se non si converte (la Chiesa Anglicana d’Inghilterra ha approvato il matrimonio omosessuale), essi {che costituiscono 1′85% degli Anglicani nel mondo) non accetteranno più la sua leadership (come “primus inter pares”).

4. I documenti della Segreteria citano non sempre a proposito la Bibbia. Parlano a lungo dell’episodio di Pietro e Cornelio (in Atti 10-11) quasi per provare che il Signore può ordinare qualunque cambiamento dell’agire dei fedeli. Ma il racconto del Concilio di Gerusalemme (Atti 15) fa vedere che non si tratta di un cambiamento qualunque, ma di uno sviluppo che comporta periodi diversi nella realizzazione della salvezza. La fase universalista della salvezza, già adombrata nel Vecchio Testamento, adesso finalmente si realizza dopo la risurrezione di Gesù. Similmente, Gesù ha detto che non ha abolito la legge, ma l’ha portata a compimento. Lo Spirito procede gradualmente, ma non si contraddice mai. Il Santo Henry Newman diceva che il vero sviluppo della dottrina è omogeneo.

Penso che non ho bisogno di dilungarmi sui motivi per cui dovete affrontare il Sinodo con grande preoccupazione. Sento invece l’importanza di far presente a voi certi problemi di procedura del Sinodo. La Segreteria del Sinodo è molto agguerrita nell’arte della manipolazione.

Per ciò che sto per dire sarò facilmente accusato di “conspiracy theory”, ma vedo chiaramente che c’è tutto un piano di manipolazione.

Cominciano col dire che bisogna ascoltare tutti. Adagio adagio fanno capire che tra questi “tutti” ci sono specialmente quelli da noi “esclusi”. Finalmente, si capisce che si tratta di gente che opta per una morale sessuale diversa da quella della tradizione cattolica.

Nei piccoli gruppi di dialogo della fase continentale insistono sovente che “dobbiamo lasciare una sedia vuota per quelli che sono assenti, da noi emarginati”. Dicono anche: “Il Sinodo deve concludere con una universale inclusione, deve allargare la tenda, benvenuti tutti, senza giudicarli, senza invitare alla conversione”.

Protestano sovente che non hanno una agenda. È veramente un’offesa alla nostra intelligenza, quando tutti vediamo a che conclusioni mirano.

Parlano della “conversazione nello Spirito” come di una cosa magica. E invitano tutti ad aspettare “sorprese” dallo Spirito (naturalmente loro sono già informati di quali sorprese). “Conversare, ma non discutere! La discussione crea divisioni”. Ma allora il consenso e l’unanimità avvengono miracolosamente? Ma a me pare che al Concilio Vaticano Il, prima di arrivare alla conclusione quasi unanime, hanno sovente impiegato molto tempo in vivaci discussioni. Era lì che lo Spirito Santo aveva lavorato. Evitare discussioni è evitare la verità.

Non dovete obbedire a loro quando dicono di andare a pregare, interrompendo i lavori. Rispondete che è ridicolo pensare che lo Spirito Santo stia aspettando le vostre preghiere dell’ultimo momento. Dovete già aver accumulato una montagna di preghiere, vostre e dei vostri fedeli, come aveva fatto Papa Giovanni XXIII prima del Concilio, facendo pellegrinaggi con molti fedeli a diverse chiese, pregando per il Concilio. Lo Spirito Santo sarà occupato durante il Sinodo a lavorare nei vostri cuori, sperando che tutti accettino le sue ispirazioni.

“Cominciamo, dicono, con i piccoli gruppi”. Questo è ovviamente sbagliato. Bisogna prima lasciare parlare tutti e sentire tutti nell’Assemblea. Così risultano quali sono i problemi più controversi e che hanno bisogno di un adeguato dibattito. Nei piccoli gruppi “linguistici” poi si può, usando la propria lingua, sviscerare i problemi più a proprio agio e finire con la formulazione di concise deliberazioni. Bisogna insistere sulla procedura seguita da tanti Sinodi, non perché “si è sempre fatto così”, ma perché è ragionevole (fare diversamente giustifica il sospetto che si vuol evitare di scoprire la vera ispirazione dello Spirito Santo).

Sulla rete noto un molto parlare su “votazioni o no”. Ma se non si fa una votazione, come si può sapere il frutto di tanto dialogo? Evitare le votazioni è ancora evitare la verità.

Ancora sulla votazione. Senza nessuna consultazione, nella immediata vicinanza del Sinodo, il Santo Padre aggiunge un numero di membri laici con diritto di votazione. Se io fossi uno dei membri, farei una forte protesta, perché questo cambia sostanzialmente il Sinodo dei Vescovi, che Papa Paolo VI aveva istituito come uno strumento della collegialità, anche se nello spirito della sinodalità sono ammessi degli osservatori laici con possibilità di parola. A voi non consiglio una protesta, ma almeno un dolce lamento con una richiesta: che almeno i voti dei Vescovi e quelli dei laici siano separatamente contati (ciò che perfino il “sentiero sinodale” di Germania ha concesso ai vescovi), Si deve dare un diverso peso ai voti dei due gruppi. Far votare i laici sembra voler dire che si vuole rispettare il “sensus fidelium”, ma sono sicuri che questi laici invitati siano “fideles”? che almeno vadano ancora in chiesa? Si noti che questi laici non sono stati eletti dal popolo cristiano praticante.

Non è mai stata spiegata l’aggiunta (a metà strada) di un’altra sessione per il 2024. Il mio malizioso sospetto è che gli organizzatori, non sicuri di raggiungere in questa sessione ciò a cui mirano, sperano di aver tempo di preparare altre manovre. Ma se le votazioni già chiariscono quello che lo Spirito ha voluto dire attraverso il voto dei vescovi sarà ancora necessaria un’altra sessione?

Questa lettera che scrivo io la intendo come confidenziale, ma sarà difficile che non arrivi in mano ai mass media. Vecchio come sono, non ho niente da guadagnare, niente da perdere. Sarò contento di aver fatto quello che credo di essere in dovere di fare.

So che nel Sinodo sulla famiglia, il Santo Padre ha rifiutato suggerimenti presentati da diversi Cardinali e Vescovi proprio sulla procedura, ma se voi presentate una richiesta rispettosa e supportata da numerosi consensi, forse potrà essere accolta. Comunque avrete fatto il vostro dovere. Accettare una procedura non ragionevole è  condannare il Sinodo al fallimento.

Chiedo scusa del ritardo di questa mia lettera, perché forse manca il tempo per presentare le nostre richieste agli organizzatori prima dell’inizio del Sinodo.

Auguro a voi una fruttuosa e, se necessario, coraggiosa partecipazione a questo Sinodo che in qualunque modo sarà senza precedenti.

Vostro umile fratello,

Giuseppe Zen

21 settembre 2023

Festa di San Matteo Apostolo (”miserando et eligendo”)


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Il documento citato dal cardinale Zen:

> “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”

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POST SCRIPTUM – Ricevo e pubblico. L’autore del commento è avvocato del foro di Trieste e membro dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:

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Caro Magister,

scrivono “sinodalità” ma intendono e praticano il “centralismo democratico”: linee di discussione all’interno, riservatezza, decisione della maggioranza, unità d’azione all’esterno.

Con una sostanziale differenza rispetto a Lenin. La “maggioranza” la decide papa Francesco, presentato come oracolo dello Spirito Santo.

Legittimazione dal basso e legittimazione dall’alto paiono così incontrarsi in “sinfonica armonia”.

L’autorità delle conclusioni che il papa trarrà non si baserà quindi tanto su una motivazione teologicamente razionale delle questioni, ma su una lettura ispirata di dinamiche assembleari rese artatamente non verificabili dall’esterno.

Non stupisce che il cardinale Zen parli di “manipolazione”.

Antonio Caragliu

Fonte: Blog di Sandro Magister, 5.10.2023

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