Nella
Solennità della Madonna del Rosario, nonché nella festa di San Remigio di
Reims, vescovo e confessore (sino al 1976, il primo ottobre era in Italia
la data di inizio di tutte le scuole e i bambini di prima elementare erano
detti “remigini”, in onore del Santo, come ci ricordava una deliziosa canzoncina del
Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna), rilanciamo questo contributo sulla
figura di Leone XII, nel ricordo del duecentesimo anniversario della sua
elezione al Soglio pontificio.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, S. Remigio, vescovo di Reims, 1843-44, musée du Louvre, Parigi |
Jean Hélart, Battesimo di Clodoveo ad opera di S. Remigio, 1676, Musée des Beaux-Arts, Reims |
di Massimo
Scapin
Duecento anni fa, il 28 settembre 1823, fu eletto un papa «zelante»: Leone XII, al secolo Annibale della Genga.
Disse di lui
François-René de Chateaubriand, scrittore e diplomatico francese, nella lettera del 3 gennaio 1829: «Ieri ho
trascorso un’ora con il Papa. Abbiamo parlato di tutto, a proposito di temi
tanto elevati quanto impegnativi. È un uomo molto distinto e molto illuminato e
un principe pieno di dignità. Alla mia vita politica mancava solo di diventare
amico di un papa; questa relazione completa la mia carriera».
Il conte
Annibale era nato 68 anni prima a Genga, diocesi di Fabriano, Italia centrale.
Arcivescovo, rappresentante pontificio in Germania e in Francia, cardinale, è
eletto alla cattedra di Pietro dai cardinali «zelanti», cioè promotori di un
programma di risveglio spirituale, contro il moderato riformismo «politicante»
di altri membri di quel conclave. Leone XII regnò per soli cinque anni e mezzo
in un periodo molto difficile.
Ripercorrendoli
per sommi capi, Leone XII reprime con severità il brigantaggio e i disordini
nello Stato Pontificio; celebra con grandissima solennità il giubileo nel 1825;
conclude concordati con gli altri stati e riconosce di fatto l’indipendenza
delle antiche colonie spagnole in Sudamerica. Forse è troppo intransigente e
rigido verso le idee di libertà e di progresso del suo tempo, ma promuove
grandi lavori pubblici, accresce musei e biblioteche e si distingue per la sua
dirittura morale, in cui vuole essere imitato dai suoi collaboratori. Morì a
Roma il 10 febbraio 1829.
Il suo
progetto di ricristianizzazione della società include anche la restaurazione
della musica sacra, sia vocale sia per organo, liberata dal «funesto influsso
che sull’arte sacra esercita l’arte profana e teatrale» (PIO X, Tra le sollecitudini, 22 novembre 1903). Il
Papa vuole riorganizzare le istituzioni musicali romane: la Congregazione di
Santa Cecilia e le cappelle musicali. La prima, costituita da Gregorio XIII (†
1585), incrementata da Sisto V († 1590) e approvata in perpetuo da Urbano VIII
(† 1644), «allo scopo di favorire una lieta fioritura di compositori e di
artisti, e di assicurare il più alto prestigio all’arte musicale» (PAOLO
VI, Discorso, 22 novembre 1966), riprese, dopo
lo sconquasso napoleonico, a organizzare la musica sacra e vigilare sui
principali abusi liturgico-musicali nelle varie chiese di Roma. Anche le
cappelle musicali delle basiliche romane cominciarono a riorganizzarsi: la
Giulia in s. Pietro, guidata da Valentino Fioravanti († 1837); la Laternanense
a s. Giovanni, diretta da Pietro Terziani († 1831); e la Liberiana a s. Maria
Maggiore, sotto il maestro Domenico Fontemaggi († 1856).
Per ordine del
Papa, il Cardinale Placido Zurla († 1834), Vicario di Roma, il 20 dicembre 1824
pubblica un editto Sul culto divino, e rispetto alle chiese, in
cui, all’articolo secondo, sono condannati abusi musicali comuni, come i
preludi o gli intermezzi troppo lunghi, la profanità nella musica e nel modo di
eseguirla e l’uso di bande musicali in chiesa: «Le feste e le solennità si
celebrino nelle chiese senza forme profane vietate dai sacri canoni; e nelle
musiche si osservi la gravità, e decoro ecclesiastico. I maestri di cappella si
astengano dall’alterare, o posporre capricciosamente le parole de’ Salmi e Inni
e da quelle interminabili ripetizioni, che stancano la divozione invece di
alimentarla. Meno le musiche chiamate volgarmente a cappella, non si facciano
senza nostra speciale licenza musiche istromentali, vietate sempre le troppo
clamorose e non alla chiesa adatte. Nel tempo della Messa cantata e così pure
dell’Esposizione e benedizione del SS. Sagramento non si permettano gli
organisti di eseguire sull’organo i pezzi di musica da teatro, e che sappiano
di profano: ma procurino di fomentare il raccoglimento e la devozione, per cui
solo viene la musica nelle chiese permessa. Li superiori delle chiese saranno
responsabili dell’adempimento di tutto ciò, e in caso di negligenza multati di
scudi dieci, da applicarsi in opere pie» (F. ROMITA, Ius
Musicæ Liturgicæ, Roma 1947, p. 99).
La Cappella
musicale pontificia «Sistina», fin dalla sua antica fondazione a servizio delle
solenni celebrazioni papali, continua a proporre lo «stile antico» nella
Cappella Sistina in Vaticano, nella Paolina al Quirinale, nella Basilica
Vaticana e in diverse chiese romane. I compositori più eseguiti sono Giovanni
Pierluigi da Palestrina († 1594) e i suoi emuli: Felice Anerio († 1614),
Gregorio Allegri († 1652), Tommaso Baj († 1718), Claudio Casciolini († 1760),
Giovanni Battista Fazzini († XIX secolo), Giuseppe Ottavio Pitoni († 1743),
Leandro Piazza († 1817) e Pasquale Pisari († 1778).
In
particolare, Leone XII aveva una grande opinione di Giuseppe Baini († 1844),
che in quel tempo dirigeva i cantori pontifici. Per Papa Leone Baini scrive
musica, esprime giudizi — spesso negativi — su nuove opere musicali ed esprime
desideri. Compone i mottetti a 4 voci: Corona aurea, per
l’incoronazione di Leone XII (5 ottobre 1823), Petrus apostolus et
Paulus doctor per la sua presa di possesso del Laterano (13 giugno 1824),
e un Tantum ergo perché il Papa «voleva ascoltare un Tantum
ergo diverso del solito» (L. M. KANTNER, A. PACHOVSKY, La
Cappella musicale Pontificia nell’Ottocento, Roma 1998, p. 108). Nel 1826
Baini presenta al Sommo Pontefice un «voto circa l’erezione di una scuola di
canto nella Casa d’Industria esistente alle Terme di Massimiano dette
Diocleziane, e progetto di Conservatorio di musica» (Rivista d’Italia,
Roma 1904, p. 276). Nonostante la positiva risposta di Leone XII, con la quale
il 14 giugno 1826 «si approva il presente piano e se ne commette la sollecita
esecuzione al Visit. Apost. della Casa d’industria», il progetto rimane sulla
carta (J. A. LA FAGE, Essais de diphthérographie musicale, Parigi
1861, p. 544).
Leone XII,
papa della «vittoria conservatrice» o ultimo papa dell’ancient régime?
Colpevole di personalismo, liberalismo, di eccessivo riformismo, «di aver
mantenuto in vigore le riforme napoleoniche e il personale amministrativo che
le aveva appoggiate, e di aver realizzato eccessive concessioni nei suoi
rapporti coi governi» (J. M. LABOA, La Chiesa e la modernità,
Milano 2001, p. 19)? Lasciando ad altri le risposte, ricordiamone il sogno di
una grande e integrale restaurazione spirituale del mondo cristiano, che
include l’ascolto di una buona, di una vera musica sacra.
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