In
questo Natale celebriamo l’800 anniversario dell’istituzione del Presepe da
parte di S. Francesco d’Assisi a Greccio. Era la notte di Natale del 1223 ... e
quel che avvenne fu possibile grazie all'interessamento dell'amico del Santo di
Assisi, Giovanni Velita o Vellita (detto, nelle Fonti Francescane, Giovanni di Greccio), discendente dei conti Berardi di Celano, e
di sua moglie Alticama, figlia di Guido Castelli (Signore di Stroncone o Strongoli).
Fu quest'ultima a costruire, con le sue mani, secondo la tradizione, il simulacro di Gesù Bambino.
Aiutata dagli Araldi, guardie e servi fedeli al Velita, che si recarono nella
valle a convocare più gente possibile per assistere alla rappresentazione sacra.
Riportiamo gli stralci delle Fonti, che descrivono l'evento.
La Grotta di Greccio in antiche cartoline degli anni '50, '60 e '70 |
Anonimo maestro di Narni, Istituzione del Presepio di Greccio, 1409, Grotta, Santuario, Greccio |
Luigi Venturini, Presepe di Greccio, 1962, Santuario, Greccio |
Lorenzo Ferri, Presepe di Greccio, 1967, Santuario, Greccio |
Taddeo Gaddi, Il presepe di Greccio - Storie di S. Francesco, 1335-40, Galleria dell'Accademia, Firenze |
Benozzo Gozzoli, Il Presepe di Greccio, 1452, chiesa di S. Francesco, Montefalco |
Giotto di Bondone, Il Presepe di Greccio, 1295-99, Basilica superiore di S. Francesco, Assisi |
Piero Casentini, Il Presepe di Greccio, 2004, presbiterio della chiesa della Madonna di Loreto, Limiti di Greccio |
Giovanni Gasparro, Il Presepio di Greccio, 2023 |
Emissione filatelica natalizia dello SCV dedicata al Presepe di Greccio |
Gerard Seghers, SS. Francesco e Chiara dinanzi al Bambinello Gesù, 1603-51, museo dei Cappuccini, Milano |
Pieter de Jode II, SS. Chiara e Francesco adorano il Bambino Gesù, 1645 circa |
di Tommaso da Celano
CAPITOLO XXX
IL PRESEPIO Dl GRECCIO
466 84. La
sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma
era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare
fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio
dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
467 Meditava
continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma
soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva
impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva
di pensare ad altro.
468 A questo
proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il
Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno
del Natale del Signore. C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di
buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco
perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la
nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della
festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e
gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e
prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in
qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la
mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e
come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello». Appena l'ebbe ascoltato, il
fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto
l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
469 85. E
giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono
qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai
casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e
fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo
la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco:
vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di
letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il
bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità
evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come
una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini
e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato
prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti
echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte
sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al
presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il
sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora
una consolazione mai gustata prima.
470 86.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta
con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora
rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime
rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando
voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il
Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la
bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di
pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la
lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle
parole. Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei
presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello
giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta
da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai
fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei
cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva
impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne,
ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
471 87. Il
fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo
di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E
davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da
diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche
alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un
poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi
uomini e donne hanno ritrovato la salute. Oggi quel luogo è stato consacrato al
Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa
ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato
il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e
santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato,
Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi.
Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei
secoli dei secoli. Amen.
* * * * * * * * * *
Dalla Legenda Major
di San Bonaventura da Bagnoregio
CAPITOLO X
AMORE PER LA VIRTÙ DELL'ORAZIONE
[…]
1186 7. Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne la devozione. Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice. Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove ed un asino. Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d'amore, il “bimbo di Bethlehem”. Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato di grande familiarità all'uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno. Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu accompagnata. Infatti l'esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l'effetto di ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie. Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l'efficacia della santa orazione con l'eloquenza probante dei miracoli.
Urna con le ossa di Giovanni Velita, signore di Greccio, conservata all'interno della Grotta di Greccio |
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