Ieri,
Francesco ed il suo sodale, il cardinal Victor M. Fernández,
noto come Tucho, l'esperto di baci come qualcuno lo ha chiamato (L’«esperto di baci» Tucho nominato Prefetto del dicastero che fu di giganti come Carafa, Ghisleri, Rebiba, Merry del Val, Ottaviani, Ratzinger, Müller, in blog Messa in latino, 3.7.2023), hanno pubblicato una Dichiarazione concernente la benedizione
delle coppie irregolari (cfr. T. Scandroglio, La posta di Tucho: la via dell'eresia è lastricata di dubia, in LNBQ 19.12.2023; L. Scrosatti, «Sì alla benedizione delle coppie gay». Il Papa accelera, ivi; Fiducia Supplicans: Dicastery for Doctrine of
the Faith declaration opens door to “blessings” to all “irregular couples”,
including homosexuals, in Rorate
coeli, 18.12.2023; Ora si possono benedire i sodomiti, scrive la DDF
con il placet di Francesco , in blog
Messa in latino, 18.12.2023; T. S. Flanders,
The Vatican Blesses “Same-Sex Couples”, in One Peter Five,
18.12.2023; M. Haynes, Pope Francis publishes norms for clergy to
‘bless’ homosexual couples, in Lifesitenews,
18.12.2023). Il documento non ha mancato di suscitare delle reazioni (cfr. S.
Koks, Bishop Strickland urges
bishops to say ‘no’ to Francis’ ‘blessings’ of homosexual couples, ivi.
In traduzione italiana, in blog
Messa in latino, 18.12.2023. Cfr. anche A. M. Valli, Benedizione alle coppie gay.
Il nuovo documento vaticano e le prime reazioni. Monsignor Strickland: “I
vescovi dicano no con una sole voce”, in blog Duc
in altum, 18.12.2023. V. anche M. Haynes, Fr. James Martin announces he
will bless his ‘friends in same-sex unions’ after Pope’s new text, in Lifesitenews, 18.12.2023; M. J. Matt, Normalizing Sodomy: The True
Legacy of Francis, in The
Remnant, 18.12.2023; J. Martin,
Pope Francis’ same-sex blessings declaration is a major step forward for
LGBTQ Catholics, in America, 18.12.2023).
Da
parte nostra, pubblichiamo il contributo dell’Avv. Francesco Patruno, che
ringraziamo, già diffuso ieri sul blog
Duc in altum del giornalista Aldo Maria Valli e, questa mattina, su Messa
in latino.
Qui
si ricordi solo che Francesco non è legibus solutus, compreso il diritto divino
naturale e positivo. Egli è soggetto pur sempre a questa legge. Riteniamo, con
l’Avv. Patruno, che questo discutibile documento sia, in verità, più dannoso per
le coppie irregolari che vantaggioso. Da parte la circostanza, che non si crede
che ci siano eserciti di coppie irregolari ansiose di ricevere la benedizione, e
che piuttosto questa dichiarazione sia puramente ideologica ed un ulteriore tassello
che prova la sottomissione della Chiesa odierna all’agenda del mondo e del
principe di questo mondo, nondimeno non potrà sfuggire che essa si rivela
essere una vera e propria presa in giro per queste coppie. La Dichiarazione,
infatti, specifica che questa benedizione, per un verso, non sarebbe un atto
liturgico, ma piuttosto assimilabile ad un atto di devozione popolare (????);
per altro verso, si spiega che essa sarebbe sostanzialmente “a traccia libera”,
e non compiuta secondo un rito prestabilito.
Come dire … ciascun sacerdote s’inventi qualcosa per conto proprio. Ed il compimento della volontà di Dio, pur richiamata in diverse parti del documento, diventa solo un elemento opzionale nella “traccia libera” della presunta benedizione, ponendo seri dubbi sulla sua validità come sacramentale, portando a ritenere che si tratti, nella specie, di un atto sacrilego di un segno sacro – qual è la benedizione. Non può, infatti, pensarsi che, a voler tutto concedere, Dio possa benedire delle persone che non intendono chiedere a Lui un aiuto spirituale per la loro condizione irregolare affinché possano venir fuori da questa. In altre parole, Dio può solo benedire coloro che chiedono un aiuto da Lui per uscire dal fango e non già rimanerci e rotolarvisi. Dio, in effetti, non potrebbe benedire ciò che condanna nella Scrittura né può contraddirsi.
Il bacio di Francesco con l’imam Al Azhar ad Abu Dhabi. Fonte |
Come dire … ciascun sacerdote s’inventi qualcosa per conto proprio. Ed il compimento della volontà di Dio, pur richiamata in diverse parti del documento, diventa solo un elemento opzionale nella “traccia libera” della presunta benedizione, ponendo seri dubbi sulla sua validità come sacramentale, portando a ritenere che si tratti, nella specie, di un atto sacrilego di un segno sacro – qual è la benedizione. Non può, infatti, pensarsi che, a voler tutto concedere, Dio possa benedire delle persone che non intendono chiedere a Lui un aiuto spirituale per la loro condizione irregolare affinché possano venir fuori da questa. In altre parole, Dio può solo benedire coloro che chiedono un aiuto da Lui per uscire dal fango e non già rimanerci e rotolarvisi. Dio, in effetti, non potrebbe benedire ciò che condanna nella Scrittura né può contraddirsi.
Scrive giustamente uno
dei primi commentatori del documento: «Although “On the Pastoral Meaning of Blessings” may be
well intended, it wreaks havoc on the very nature of blessings. Blessings are the Spirit-filled graces that
the Father bestows upon his adopted children who abide in his Son, Jesus
Christ, as well as upon those whom he desires to be so. Attempting immorally to exploit God’s
blessings makes a mockery of his divine goodness and love» (Fr. T. G. Weinandy,
God’s Blessings and Magisterial Teaching, in The
Catholic Thing, 19.12.2023). Valutazione che non possiamo non
condividere.
Buona lettura.
Augustinus
Hipponensis
BERGOGLIO
APPROVA LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE IRREGOLARI. UN DOCUMENTO AMBIGUO CON
PROFILI DI ETERODOSSIA? UN PRIMO COMMENTO
Avv. Francesco Patruno
1. Era il
15 marzo 2021 allorché l’allora Congregazione per la dottrina della Fede, pubblicava
un proprio Responsum,
risalente al 22.2.2021, nel quale rispondeva al dubbio se la Chiesa disponesse
del potere di impartire la benedizione alle unioni di persone dello stesso
sesso. La risposta che era data era negativa. Il Dicastero vaticano, all’epoca
presieduto dal card. Luis F. Ladaria, argomentava, nell’allegata Nota
esplicativa, che, essendo le benedizioni dei sacramentali (e non dei
sacramenti!) richiedono, per coerenza, che, oltre alla retta intenzione di coloro che ne
partecipano, «ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente
ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio
iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi
compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle
realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni». Per questo, si
affermava che non è «lecito impartire una benedizione a relazioni, o a
partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal
matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna
aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra
persone dello stesso sesso. La presenza in tali relazioni di elementi positivi,
che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di
coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione
ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non
ordinata al disegno del Creatore». Aggiungeva il Responsum: «La risposta
al dubium proposto non esclude che vengano impartite benedizioni a
singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà
di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti
dall’insegnamento ecclesiale, ma dichiara illecita ogni forma di benedizione
che tenda a riconoscere le loro unioni. In questo caso, infatti, la benedizione
manifesterebbe l’intenzione non di affidare alla protezione e all’aiuto di Dio
alcune singole persone, nel senso di cui sopra, ma di approvare e incoraggiare
una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come
oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio». Per questo concludeva che
«la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di
persone dello stesso sesso». Il Responso e la Nota esplicativa erano approvati
da Bergoglio.
Nell’Introduzione si aggiunge che questa Dichiarazione intenderebbe venire incontro a coloro che non avrebbero condiviso il Responso dell’allora Congregazione per la dottrina della fede: «appare opportuno riprendere il tema ed offrire una visione che componga in coerenza gli aspetti dottrinali con quelli pastorali, perché “ogni insegnamento della dottrina deve situarsi nell’atteggiamento evangelizzatore che risvegli l’adesione del cuore con la vicinanza, l’amore e la testimonianza”».
Sebbene si evidenzi il rischio «di confondere una benedizione, data a qualsiasi altra unione, con il rito proprio del sacramento del matrimonio» (n. 6), bisognerebbe evitare anche il pericolo di «pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti. Tale rischio esige che si ampli ulteriormente questa prospettiva. Infatti, vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione» (n. 12).
Dopo aver ripercorso il senso delle benedizioni nella sacra Scrittura, si afferma: «Nel suo mistero di amore, attraverso Cristo, Dio comunica alla sua Chiesa il potere di benedire. Concessa da Dio all’essere umano ed elargita da questi al prossimo, la benedizione si trasforma in inclusione, solidarietà e pacificazione. È un messaggio positivo di conforto, custodia e incoraggiamento. La benedizione esprime l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa che invita il fedele ad avere gli stessi sentimenti di Dio verso i propri fratelli e sorelle» (n. 19).
Con riferimento alle c.d. coppie irregolari e segnatamente quelle composte da persone dello stesso sesso, si afferma che «si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino» (n. 31).
Con questo pensiero, obiettivamente, si può convenire, tuttavia, esso appare incompleto, come avremo modo di osservare in seguito.
Andiamo, però, avanti: «non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà» (n. 38).
Di per sé, si potrebbe dare di questo passo del documento un’interpretazione, potremmo dire, ortodossa, nella misura in cui si specifica che la benedizione sia richiesta, senza rivendicare la legittimazione dello status personale, quale ausilio a Dio perché quella persona possa compiere la sua volontà, che, logicamente, dovrebbe essere quella di allontanarsi da una situazione di peccato. Si spiega, in effetti, in vari punti della dichiarazione: «Da un punto di vista strettamente liturgico, la benedizione richiede che quello che si benedice sia conforme alla volontà di Dio espressa negli insegnamenti della Chiesa» (n. 9). Ed ancora: «Chi chiede una benedizione si mostra bisognoso della presenza salvifica di Dio nella sua storia e chi chiede una benedizione alla Chiesa riconosce quest’ultima come sacramento della salvezza che Dio offre. Cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore» (n. 20). E poi: «La grazia di Dio, infatti, opera nella vita di coloro che non si pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti. Essa è in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed imprevedibili disegni di Dio. Perciò, con instancabile sapienza e maternità, la Chiesa accoglie tutti coloro che si avvicinano a Dio con cuore umile, accompagnandoli con quegli aiuti spirituali che consentono a tutti di comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro esistenza» (n. 32).
Il documento, nondimeno, appare volutamente ambiguo, perché tace su cosa consista esattamente, nella specie, questa volontà di Dio, più volte evocata, ma mai delineata nei suoi contorni, lasciando all’interprete la sua individuazione. E diremmo, interpretazione.
Tuttavia, c’è un aspetto a nostro avviso davvero inquietante – e forse questo potrebbe celare possibili profili di eterodossia: vale a dire, la dichiarazione rimette al ministro ordinato la possibilità di chiedere («potrebbe chiedere»), nel rito “a traccia libera”, «… anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà». Insomma, l’introduzione nel testo del verbo «potrebbe» e della congiunzione «anche» riduce, in pratica, il compimento della volontà divina ad elemento accessorio ed opzionale, a mera facoltatività, che potrebbe, perciò, mancare del tutto nella benedizione, non rivestendo carattere, invece, primario come ci si sarebbe dovuti attendere dalle premesse da cui la Dichiarazione muoveva.
Si aggiunge: «proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (n. 39).
Ed ancora: «Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio. Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia, bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a quelle che promanano in fondo dalle viscere della pietà popolare, non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà» (n. 40).
Con specifico riferimento alle coppie omosessuali si conclude, per quanto ci interessa: «Quanto detto nella presente Dichiarazione a proposito delle benedizioni di coppie dello stesso sesso, è sufficiente ad orientare il prudente e paterno discernimento dei ministri ordinati a tal proposito. Oltre alle indicazioni di cui sopra, non si debbono dunque aspettare altre risposte su eventuali modalità per normare dettagli o aspetti pratici riguardo a benedizioni di questo tipo» (n. 41).
4. Che dire, in conclusione, di questa nuova dichiarazione della Santa Sede?
Soprattutto rimane in ombra, per non dire del tutto oscurato, l’aspetto che la richiesta di aiuto nel compimento della volontà divina sia, nel rito di benedizione “a traccia libera”, soltanto un elemento opzionale delle possibili richieste a Dio.
Per di più, si omette di sottolineare che la benedizione, essendo un sacramentale e non un sacramento, conferisce la grazia ex opere operantis (Ecclesiae), ossia in forza del soggetto – la Chiesa, attraverso il suo ministro ordinato – che compie quel rito (cfr. can. 1166 codice diritto canonico), ma pure dalle disposizioni interiori del fedele che la richiede. Ed è chiaro che sia difficile ipotizzare, in concreto, che una persona omoaffettiva convivente, richiedente questo sacramentale, sia ben disposta a compiere la volontà di Dio, vale a dire abbandonare quella sua condizione di convivenza.
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