Molti si potrebbero chiedere se esistano reliquie dei
doni dei Santi Magi. Ebbene sì. Esistono e si conservano in Grecia, sul Monte
Athos. Per informazioni al riguardo, rilanciamo un contributo dell’Avv.
Francesco Patruno, che ringraziamo, risalente a ormai due anni fa. Buona
lettura.
Reliquie dei doni dei Santi Magi, Monastero di S. Paolo, Monte Athos |
Joseph Georg Witwer, I Santi Re Magi, 1774, Chiesa parrocchiale, Elmen, Tirolo |
di
Francesco Patruno
Giovanni Gasparro, Adorazione dei SS. Magi, particolare, 2021, collezione privata |
«Entrati nella
casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi
aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra».
Con queste
parole, l’evangelista Matteo ci descrive, nel II capitolo del suo Vangelo,
quanto i santi Magi, venuti dal misterioso Oriente, guidati da una stella
altrettanto misteriosa, offrirono al santo Bambino, volendone sottolineare,
allo stesso tempo, la divinità, la regalità e l’umanità.
Per molti,
questi doni avrebbero solo una profonda valenza simbolica e teologica. San
Leone Magno, nel suo Primo Sermone nella festa dell’Epifania, così commentava:
«Offrono l’incenso a Dio, la mirra all’uomo, l’oro al re, venerando
consapevolmente l’unione della natura divina e di quella umana, perché Cristo,
pure essendo nelle proprietà delle due nature, non era diviso nella potenza» (qui). Del resto, presso i popoli antichi
questi doni erano associati alla divinità (l’incenso, la cui raccolta, non a
caso, coincideva proprio con l’inizio del segno solare del Leone), alla
regalità (l’oro, costituendo il metallo regale per eccellenza ancora oggi) e
l’umanità (la mirra, che era usata anche per le sue proprietà curative ed
antisettiche per la cura di ferite, di piaghe e come antidoto per i morsi dei
serpenti e degli scorpioni).
Ci si potrebbe
interrogare se questi doni siano davvero reali, e non puramente simbolici, e se
esistano delle reliquie di questi.
La nostra
risposta non può che essere affermativa.
Tra i vari
tesori e reliquie conservate sul Monte Athos, in Grecia, vi sono i doni che i
Magi d’Oriente offrirono al divino Bambino. Sono conservati, in particolare,
con estrema cura – visto il loro valore spirituale incalcolabile – nel tesoro
del monastero di San Paolo e sono portate raramente al di fuori dei confini del
Monte, ad esempio nel gennaio 2014, in occasione delle festività natalizie
ortodosse furono portate in pellegrinaggio, lasciando per la prima volta la
Grecia dal XV secolo, a Mosca, San Pietroburgo, Minsk e Kiev (qui e qui).
Come si
presentano questi doni? L’oro è in forma di ventotto pezzi di monete
accuratamente incise, di varie forme (rettangolari, trapezoidali, poligonali,
ecc.) e misurano circa 5×7 centimetri. Ogni moneta ha un designo di arte
diversa e complessa.
L’incenso e la
mirra, invece, assumono la forma di misture di sessantadue grani
grossolanamente sferici e delle dimensioni di una piccola oliva.
Come sono
giunti sino a noi?
L’evangelista
Luca, nel suo Vangelo, ci informa, per ben due volte, che Maria conservava
«tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19.51). Letteralmente,
la Vulgata non parlava di “cose”, ma di “parole” («Maria autem conservabat omnia verba haec conferens in corde suo.
[….] Et mater eius conservabat omnia verba in corde suo»).
Senz’altro la
Madre di Dio conservava le parole del Figlio suo, ma anche tutto ciò che
riguardava la vita terrena del Signore, tra cui i preziosi doni ricevuti dai
Magi. Se oggi veneriamo le reliquie della mangiatoia, delle fasce, ecc., lo
dobbiamo principalmente a Maria, che deve averci conservato quei ricordi
dell’Infanzia divina del Salvatore.
Orbene,
secondo la tradizione orientale e gerosolomitana, prima della sua Dormizione ed
Assunzione in Cielo, Maria avrebbe consegnato e affidato alla Chiesa di
Gerusalemme le sante Fasce, la Sua Veste, il Suo Velo, la Sacra Cintura, i Doni
dei Magi, ecc. Queste rimasero nella Città Santa, attraverso alterne vicende,
sino al 400 d.C. A quell’epoca, l’imperatore bizantino Arcadio portò tutte
quelle reliquie a Costantinopoli anche allo scopo di accrescere il prestigio
della capitale dell’Impero romano d’Oriente. Lì rimasero sino al saccheggio
crociato del 1204.
Per sottrarre
al sacco di Costantinopoli le reliquie dei Santi Doni, queste, assieme ad
altre, furono portate a Nicea, nella Bitinia, divenuta la capitale temporanea
dell’impero di Bisanzio (sino al 1261). Qui rimasero per circa sessant’anni.
Con la partenza dei crociati e la fine dell’impero latino sotto l’imperatore
Michele VIII Paleologo, tutte le reliquie rimaste in Bitinia – compresi i Santi
Doni – furono restituite a Costantinopoli e lì rimasero sino alla conquista
turca del 1453.
Dopo la
conquista turca, la devotissima Mara o Maria Branković, vedova cristiana del sultano Murad II detto il Grande (il quale regnò dal 1421 al 1451) e matrigna di Maometto II il
Conquistatore, portò le reliquie dei Santi Doni
personalmente al monastero di San Paolo sul Monte Athos. Questo luogo fu scelto
perché il padre di Maria Branković, Đurađ Branković, despota di Serbia, aveva
costruito il Katholicon, cioè la chiesa principale del monastero
(corrispondente alla chiesa conventuale della cristianità occidentale), in onore del santo martire Giorgio.
Questo monastero, che si trova nella parte occidentale dell’Athos, è dedicato
alla Presentazione di Cristo al Tempio. Esso fu fondato, intorno al 980 d.C.,
dal santo monaco ed eremita Paolo di Xeropotamou, detto Il Giusto: il
monastero sorse sul luogo in cui si era ritirato alla ricerca di un’ascesi più
profonda. Il monastero assunse il nome di San Paolo solo dal 1108.
Secondo la
tradizione athonita, mentre Maria Branković dal porto del monte Athos si portava al Monastero, la Santa Vergine le
avrebbe impedito in modo soprannaturale di raggiungerlo, preservando così il divieto, tuttora vigente, di ingresso per le donne
– tranne per la Madre di Dio – alla santa montagna dell’Athos. Compreso ciò, la pia vedova del sultano si rassegnò a consegnare i Santi Doni ai monaci e padri scesi incontro a lei. Sul
luogo in cui sarebbe apparsa la Vergine, che avrebbe impedito l’accesso alla montagna, fu in seguito eretta una croce,
esistente ancor oggi e chiamata “Croce della Regina”. Ancora oggi si conserva
nel monastero di San Paolo il documento ufficiale del sultano con le
informazioni circa la consegna avvenuta dei Sacri Doni.
Bisogna dire
che da allora queste insigni reliquie sono state sempre conservate nel
monastero, nonostante le diverse vicende storiche e le avverse fortune che si
susseguirono, come ad esempio l’incendio del monastero nel 1902 e l’alluvione
che lo colpì nel 1911. Non sono mai state eseguite, però, analisi che ne
confermassero l’autenticità, tramandata essenzialmente per via orale.
Molti i
miracoli che si sarebbero verificati dinanzi a questi Sacri Doni. Secondo
molti, si sprigionerebbe un fortissimo aroma, talora continuamente e talora
occasionalmente.
Tra i tesori
del Monastero ci sono, oltre ai doni dei Re Magi, il piede di san Gregorio il
Teologo, un pezzo della Vera Croce, vasi e paramenti sacri. La biblioteca del
monastero contiene 494 manoscritti e più di dodicimila libri stampati. La
comunità oggi è composta da circa trenta monaci.
Fonte: Full of Grace
Fonte: Blog di Aldo Maria Valli, Duc in altum, 6.1.2022