Sante Messe in rito antico in Puglia

giovedì 22 agosto 2024

Quando la Francia si consacrava a Maria

In questo giorno, Ottava dell’Assunzione di Maria Vergine, in cui si commemora il Cuore Immacolato di Maria, rilanciamo questo contributo di speranza per le sorti della Francia e vertente sul c.d. voto di Francia del re Luigi XIII su cui abbiamo avuto modo, in passato, di parlarne (v. qui).

Torneremo in una successiva occasione sul ruolo, per certi versi misterioso, di quella Nazione, figlia prediletta della Chiesa.

Philippe de Champaigne, Il voto di Luigi XIII, 1638, Musée des beaux-arts, Caen

Philippe de Champaigne, Luigi XIV offre la sua corona alla Vergine per soddisfare il voto del padre, 1650, Hamburger Kunsthalle, Amburgo


Philippe de la Champagne, Luigi XIV, Anna d'Austria con Filippo d'Angiò presentati dai SS. Benedetto e Scolastica alla SS. Trinità, 1646, castelli di Versailles e di Trianon, Versailles

Abraham Bosse, Luigi XIII ed Anna d'Austria offrono il regno ed il principe delfino alla protezione della Vergine Maria, 1639, Metropolitan Museum of Arts, New York

Grégoire Huret, Luigi XIII ed Anna d'Austria presentano il principe delfino alla Vergine, 1638, Metropolitan Museum of Arts, New York

Claude Mellan, Anna d'Austria reggente ed il delfino offrono alla Vergine il regno di Francia, 1650 circa, Metropolitan Museum of Arts, New York

Luigi Calamatta, Voto di Luigi XIII calcografia da un'opera di Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1867 circa



Altare principale della Basilica-Cattedrale Metropolitana di Notre Dame, Parigi, con le statue della Pietà di Nicolas Coustou, e di Luigi XIII, offerente la corona, dello stesso autore e di Luigi XIV di Antoine Coysevox

Guillaume Coustou, Luigi XIII offre la corona alla Pietà - Monumento del Voto di Luigi XIII, 1708 circa, Cattedrale di Notre Dame, Parigi



Quando la Francia si consacrava a Maria

di Francesco Patruno

È da pochi giorni trascorsa la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Anzi, siamo nell’ottava della ricorrenza. Ovviamente, come sempre ogni anno, nell’indifferenza religiosa di coloro che, in questo periodo di ferie estive, sono più intenti a pensare a come trascorrere il Ferragosto, magari in riva al mare, dopo una notte insonne intorno ad un fuoco, tra canti e gozzoviglie varie.

Pensando a questo, mi è venuta in mente come la data del 15 agosto abbia segnato la storia della Chiesa e della fede. Basti pensare a Napoleone Bonaparte, che, nato, appunto, un 15 agosto (1769), lungi dal sentirsi onorato per questa singolare e felice coincidenza, tentasse persino di abolire la festa mariana dell’Assunta, per non sentirsi ripetere, proprio nel giorno del suo genetliaco, al Vangelo, il passo lucano della visita di Maria a S. Elisabetta, con il canto del Magnificat nel quale la Vergine fanciulla di Nazaret, echeggiando le parole di Anna, la madre di Samuele, magnifica ed esulta in Dio perché disperde «i superbi nei pensieri del loro cuore», rovescia «i potenti dai troni» ed innalza gli umili.

Divenuto imperatore nel 1804, con proprio decreto del 19 febbraio 1806, al fine di consolidare – a fini propagandistici la sua immagine – e sostenuto anche dalle logge massoniche, decise di abolire la festività dell’Assunta nel suo Impero, sostituendola con una festa nazionale dedicata a un improbabile San Napoleone, una figura inventata per l’occasione. Questo presunto santo, il cui vero nome era Neopolo (deformato, appunto, in Napoleone), venne presentato come un anziano martire della fede ed ufficiale romano, morto in prigione il 2 maggio 304 a causa delle torture subite sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano. Tale figura era associata a un gruppo di martiri (Santi Saturnino, Celestino e Germano).

La statua di questo santo si trova ancora oggi su una guglia del Duomo di Milano, collocata lì nel 1811 e opera dello scultore Giuseppe Fabris.

Così, il 15 agosto, Napoleone avrebbe potuto vedere celebrato il suo compleanno e il suo onomastico con gli onori di una festa nazionale, a misura del suo ego smisurato. Tuttavia, questa ricorrenza durò meno di un decennio. Come ci ricorda la prima lettera di Pietro, «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili» (1 Pt 5,5). Con l’esilio di Napoleone a Sant’Elena, in effetti, la festa nazionale a lui dedicata fu abolita il 16 luglio 1814 da Luigi XVIII. Nel 1852, l’imperatore Napoleone III tentò di ripristinare la festa, ma solo come anniversario della nascita di suo zio, senza il riferimento a San Napoleone. Pure questo tentativo, però, ebbe breve durata.

Se questa vicenda legata alla figura di Napoleone appare significativa per la data del 15 agosto, ce n’è un’altra, ben più rilevante e tuttora connessa alle sorti della Chiesa di Francia.

Nei giorni scorsi, durante le Olimpiadi svoltesi a Parigi, abbiamo assistito a una derisione del Cristianesimo nella cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici, tenutasi il 26 luglio. Gli organizzatori hanno voluto scimmiottare l’Ultima Cena, inserendo elementi blasfemi e pagani, dal sapore chiaramente esoterico e neo-gnostico. Questa cerimonia ha suscitato la disapprovazione della Conferenza Episcopale Francese, seguita da quella delle altre confessioni cristiane, come la Chiesa Ortodossa, e persino da parte islamica. Infine, anche la Santa Sede ha espresso tardivamente il suo disappunto il 3 agosto 2024.

Il carattere esoterico e neo-gnostico della cerimonia era evidente, perché, non a caso, la sua figura centrale era quella del dio pagano Dioniso, che per Friedrich Nietzsche e per gli esoteristi, incarnerebbe l’antitesi del Cristo e rappresenterebbe il simbolo della rottura con la morale cristiana, vista come avvilimento ed annientamento. Non a caso, nella sua opera L’Anticristo del 1888, Nietzsche vedeva in Dioniso l’accettazione incondizionata della vita, comprese le sue dimensioni più oscure, in contrasto con il Cristo crocifisso. Scriveva il filosofo tedesco:

«Dioniso contro il “crocifisso”: eccovi l’antitesi. Non è una differenza in base al martirio – solo esso ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento […] Si indovina che il problema è quello del senso del dolore: del senso cristiano o del senso tragico […] Nel primo caso sarebbe la via che porta all’essere beato, nel secondo l’essere è considerato abbastanza beato da giustificare anche un’immensità di dolore».

Commentava opportunamente il papa Benedetto XVI nella sua Omelia del Giovedì Santo del 2009 (9 aprile):

«[…] Nietzsche ha dileggiato l’umiltà e l’obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell’uomo. Orbene, esistono caricature di un’umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare».

Nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi parigine lo scorso 11 agosto, svoltasi in un’atmosfera sinistra ed angosciante, si è invece voluto incentrare tutto su una figura dorata chiaramente luciferina e sulla sua esaltazione da parte di coloro che rappresenterebbero i popoli e le nazioni del mondo.

Guardando a questi spettacoli, così in contrasto con ciò che la Francia un tempo ha rappresentato per la Chiesa e per la fede cattolica, che ha visto germogliare in terra francese schiere di santi, tanto da essere considerata “figlia primogenita della Chiesa”, mi sono chiesto se essi riflettano davvero il popolo francese e le radici di quel paese. A un’analisi superficiale, potrebbe sembrare che quella Nazione non potrà mai tornare ai suoi fasti cristiani. Eppure, c’è speranza. Non dobbiamo dimenticare Colei che tutte le generazioni chiamano beata, a cui la Francia fu affidata secoli fa; un affidamento legato proprio alla solennità dell’Assunzione. Un affidamento che potrebbe costituire, secondo i tempi imperscrutabili della Vergine, che sono i tempi di Dio, il perno su cui la terra di Francia tornerà a essere pienamente cristiana.

 Cosa c’entra, dunque, quella Nazione con l’Assunta?

È presto detto. Si tratta di una storia davvero affascinante, risalente al XVII sec., cioè alle vicissitudini private (e non solo) del re Luigi XIII e della regina Anna d’Austria. Sì, proprio quell’epoca e quei regno durante il quale è ambientata anche la vicenda de I tre moschettieri di Alexandre Dumas. Per farla breve, la coppia, molto pia e devota (sebbene il re non avesse mancato di intrattenere relazioni con cortigiane), non era stata benedetta dalla nascita di un figlio che potesse garantire la successione al trono. Per la verità, dal matrimonio, la regina concepì ben tre figli, che si risolsero in altrettanti aborti, di cui uno accidentale per una caduta dalle scale.

La coppia regale, quindi, non poteva godere della gioia di un erede al trono.

Fu su consiglio del monaco agostiniano scalzo Fra Fiacre di Sainte-Marguerite, personalità mistica dell’epoca, che aveva ricevuto nell’autunno 1637 alcune apparizioni della Vergine nelle quali la Madonna annunciava la prossima nascita di un erede al trono ed invitava – suo tramite – a tale scopo la regina Anna a compiere dei cicli di novene[i], e dell’ex cortigiana e confidente del re, Louise de La Fayette, divenuta nel frattempo monaca visitandina col nome di Suor Angelica, la quale aveva favorito la riconciliazione e la riunione del re con la regina, se si giunse – una volta avuta la certezza del concepimento del figlio da parte della sovrana – alla proposizione di un voto alla Madre di Dio.

Per la verità, sin dall’indomani del concepimento del figlio (avvenuto – si badi – dopo oltre un ventennio di matrimonio sostanzialmente sterile), e cioè dall’11 dicembre 1637, il re annunciava la sua intenzione di esprimere un voto alla Vergine. Il testo, più volte corretto e rifinito anche dal primo ministro del re, il celebre cardinal de Richelieu, fu sottoposto al Parlamento di Parigi. Il 10 febbraio 1638, finalmente, il re, nel suo castello di Saint-Germain-en-Laye, firmava, con proprie lettere patenti, il testo del voto in cui dichiarava solennemente che,

«prendendo la santissima e gloriosissima Vergine come speciale protettrice del nostro regno, a Lei consacriamo particolarmente la nostra persona, il nostro Stato, la nostra corona e i nostri sudditi, supplicandola di ispirarci una santa condotta e difendere questo regno con tanta cura contro gli sforzi di tutti i suoi nemici […]. E affinché i posteri non possano non seguire i nostri desideri su questo argomento, come monumento e segno immortale dell’attuale consacrazione che compiamo, faremo riedificare il grande altare della cattedrale di Parigi con un’immagine della Vergine che tenga tra le sue braccia quelle del suo prezioso Figlio deposto dalla Croce, e dove Noi saremo rappresentati ai piedi del Figlio e della Madre nell’atto di offrire loro la nostra corona e il nostro scettro.

Ammoniamo il signor arcivescovo di Parigi, e gli ordiniamo nondimeno che ogni anno, nella festa e nel giorno dell’Assunzione, faccia commemorare la nostra presente dichiarazione nella messa solenne, che sarà detta nella sua chiesa cattedrale, e che dopo i vespri di detto giorno, nella detta chiesa si farà una processione, alla quale parteciperanno tutte le compagnie sovrane e gli organi cittadini, con cerimonie simili a quelle che si osservano nelle processioni generali più solenni, che vogliamo si facciano anche in tutte le chiese; sia parrocchiali che quelle dei monasteri di detta città e sobborgo, e in tutte le città, paesi e villaggi della detta diocesi di Parigi.

Esortiamo parimenti gli arcivescovi e i vescovi del nostro regno, e nondimeno ingiungiamo loro di celebrare la stessa solennità nelle loro chiese episcopali, e delle loro diocesi, intendendo che a detta cerimonia siano presenti le corti del Parlamento e altre compagnie sovrane, e i principali ufficiali delle città, e avvertendo tutti i popoli ad avere una particolare devozione verso il Vergine, d’implorare in questo giorno la sua protezione, affinché, sotto una così potente Patrona, il nostro regno sia protetto da tutte le imprese dei nostri nemici, che goda lungamente di buona pace, che Dio vi sia servito e venerato così santamente affinché noi e i nostri sudditi arriviamo felici al fine ultimo per il quale tutti siamo stati creati, poiché tale è il nostro desiderio»[ii].

Con questo voto, Luigi XIII istituì le processioni del 15 agosto durante le quali i sudditi avrebbero dovuto pregare Dio e la Vergine per i felici successi del re. Ogni chiesa del regno era tenuta, nella misura in cui la chiesa stessa non era già sotto il patronato della Vergine, a dedicare un altare o cappella principale alla Regina del Cielo. Luigi XIII promise infine di costruire un nuovo altare maggiore nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, nonché di offrire alla cattedrale un nuovo gruppo scultoreo.

Intanto, il 5 settembre 1638, nasceva il tanto desiderato figlio, Luigi XIV, il famoso Re Sole, soprannominato Dieudonné, cioè “dato da Dio”, proprio perché dono immeritato del Signore, ottenuto per intercessione della Vergine Maria, in un matrimonio sostanzialmente sterile, che si trascinava da oltre un ventennio.

Da quell’anno 1638, ogni 15 agosto fu dedicato al ricordo di quel voto e della consacrazione della Francia e del suo popolo alla Madonna.

Luigi XIII non fece in tempo ad adempiere al voto: vale a dire a costruire il nuovo altare maggiore a Notre Dame. Questo compito spettò al figlio, Luigi XIV, sessant’anni dopo. Dal 1708 al 1725, l’architetto Robert de Cotte rimodellò completamente il coro della cattedrale parigina, mascherando i costoloni con archi semicircolari più moderni. Ai lati dell’altare maggiore furono collocate sei statue di angeli in bronzo recanti gli strumenti della Passione di Cristo e quelle dei due re inginocchiati, Luigi XIII in atto di offrire scettro e corona di Guillaume Coustou e quella di Luigi XIV scolpita da Antoine Coysevox. Dietro l’altare maggiore, sotto l’arcata centrale dell’abside, fu collocato il gruppo scultoreo della Pietà, in marmo di Carrara, opera di Nicolas Coustou, che lo realizzò tra il 1714 e il 1715. Queste due statue dei re e quella della Pietà vennero rimosse nel 1793 e ricollocate nella cattedrale solo nel 1815, quelle dei sovrani su nuovi piedistalli completati nel 1816 con lo stemma del re di Francia.

Tutto il gruppo scultoreo, pegno del voto del pio re di Francia, sono scampati miracolosamente al terribile incendio della cattedrale del 15 aprile 2019.

La consacrazione della Francia e del re furono confermate da Luigi XIV il 25 marzo 1650 e vennero rinnovate in occasione del centenario del voto, nel 1738, dal re Luigi XV.

Le campane e le processioni si svolsero ogni anno il 15 agosto sino alla Rivoluzione francese e per l’esattezza sino al 1791 compreso: il 14 agosto 1792, infatti, l’Assemblea legislativa rivoluzionaria abolì la consacrazione della Francia ed il voto; l’anno seguente, il 10 novembre 1793, profanata la cattedrale, essa fu trasformata nel tempio della dea Ragione.

Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione, il re Luigi XVIII ristabilì la celebrazione del voto nel 1814. Sotto la c.d. Monarchia di Luglio, nell’agosto 1831, il re Luigi Filippo I, figlio della Rivoluzione, abolì definitivamente il voto ed ogni celebrazione, nonostante la ferma e vana protesta di intellettuali cattolici come Lamennais, Lacordaire e Montalembert.

Per la verità, già dalla modifica costituzionale del 1830 allorché la religione cattolica cessò di essere religione di Stato, il voto aveva perso forza di legge ed era caduto nel dimenticatoio, lasciando sostanzialmente all’iniziativa locale, popolare o diocesana, la celebrazione della ricorrenza.

A quella consacrazione mariana fece cenno anche il papa Pio XI nella sua lettera apostolica del 2 marzo 1922, Galliam, Ecclesiae filiam primogenitam, firmata appena un mese dopo l’elezione al Pontificato, con la quale proclamava patrona secondaria di Francia Santa Giovanna d’Arco. Il Pontefice nella sua lettera sottolineò, tra le altre cose, la devozione del popolo francese alla Vergine Maria come elemento caratterizzante la Nazione d’Oltralpe. Richiamando poi esplicitamente il voto di Luigi XIII scriveva:

«Convertito alla vera fede di Cristo, Clodoveo si affrettò, sulle rovine di un tempio druidico, a gettare le fondamenta della chiesa di Notre-Dame, che suo figlio Childeberto completò. Diversi templi sono dedicati a Maria da Carlo Magno. I duchi di Normandia proclamarono Maria Regina della nazione. Il re San Luigi recitava devotamente ogni giorno l’Ufficio della Vergine. Luigi XI, per esaudire un desiderio, fece costruire un tempio a Notre-Dame a Cléry. Infine, Luigi XIII consacrò il regno di Francia a Maria e ordinò che ogni anno, nella festa dell’Assunzione della Vergine, si celebrassero funzioni solenni in tutte le diocesi di Francia; e questi solenni fasti, non ignoriamo che continuano ad aver luogo ogni anno»[iii].

Ed ancora:

«[…] dopo aver ascoltato il consiglio dei Nostri venerati Fratelli, cardinali di santa Romana Chiesa preposti ai Riti, motu proprio, di sicura conoscenza e dopo matura deliberazione, nella pienezza del Nostro potere apostolico, con la forza del presente [atto, ndr.] e in perpetuo, dichiariamo e confermiamo che la Vergine Maria Madre di Dio, sotto il titolo della sua Assunzione al cielo, è stata regolarmente scelta come patrona principale di tutta la Francia presso Dio, con tutti i privilegi e gli onori che ciò comporta. titolo nobiliare e questa dignità»[iv].

La Chiesa di Roma, dunque, a quasi tre secoli di distanza, confermava e ratificava quel voto compiuto dal pio re borbonico, dichiarando la Vergine Assunta patrona principale della Francia.

Fu merito del cardinal arcivescovo di Parigi, Lustiger, se nel corso degli anni ’80 del secolo scorso venne reintrodotta la celebrazione del voto di Luigi XIII al 15 agosto nella cattedrale di Notre Dame e nel corso del pellegrinaggio nazionale a Lourdes, che riunisce i rappresentanti di vescovi e persino personalità politiche.

Giovanni Paolo II, nel suo pellegrinaggio apostolico a Lourdes nell’agosto 1983, rievocò questa consacrazione nella sua preghiera alla Vergine di Lourdes presso la Grotta di Massabielle il 14 agosto:

«[…] Molti si sono onorati di consacrarsi a te, compresi anche dei re, come fece Luigi XIII in nome del suo popolo».

La storia del voto di Francia è una storia chiusa? È un fatto da consegnare agli archivi storici?

Evidentemente no.

La storia francese e della sua Chiesa è fatta di alti e bassi e di suggestive profondità: minata la fede da tempo dal razionalismo e dall’anticlericalismo, che dominarono il XIX sec. e l’inizio del XX, nella Francia non sono mancati segni di speranza, scaturiti dalla sua profonda appartenenza mariana. La Rivoluzione – è vero – falcidiò schiere di martiri, che rappresentarono nondimeno il seme di un rinnovato cristianesimo nella terra francese. L’apparizione della Medaglia miracolosa prima e poi quelle di Lourdes furono il segnale di un rinnovamento del carisma cristiano nel risorgere stupito di una Chiesa che era stata umiliata dagli sconvolgimenti rivoluzionari. La Francia, non a caso, proprio a partire dal XIX sec., divenne il paese numero uno nell’evangelizzazione, nelle missioni, nella catechesi ed in altre ammirevoli iniziative. Basti ricordare la lodevole Società per le missioni estere di Parigi, che fu la pioniera di missioni cattoliche nei Paesi dell’Estremo Oriente (Cina, Giappone, Cambogia, Corea del Sud, Malaysia, Singapore, India, Thailandia, Indonesia, Pakistan). Tutte queste iniziative prendevano vita sotto la repressione anticlericale e delle élites!

Dio e la fede si presero, peraltro, la loro rivincita anche nella letteratura: da Bloy a Psichari, da Péguy a Claudel, da Jean-Luc Marion a Denis Tillinac, e tanti altri dei nostri giorni. Basti ricordare, a tal riguardo, oggi la rivoluzione culturale – perché di questo si tratta – avviata in Francia dal voluminoso bestseller di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies su Dio, Dieu – La science – Les preuves: L’aube d’une révolution, tradotto e pubblicato anche in Italia ed in altri paesi.

Tutto questo non potrà farci temere che su quella terra, affidata a Maria sin dal 1638, da un pio re, la Vergine Santa possa essere “deposta” e sostituita da idoli. Ha tentato ciò la Rivoluzione francese innalzando – lo abbiamo detto – a Notre Dame la dea Ragione, ma si trattò di un dominio effimero. La vera sovrana di Francia era e continuerà ad essere la Madonna, nonostante tutte le macchinazioni dei nemici di Dio, che vorrebbero sostituirla illusoriamente con altri o col nulla. In fondo, Luigi XIII, con la sua decisione, realizzò pienamente la citazione quasi profetica di papa Urbano II pronunciata nell’XI sec.: Regnum Galliae, regnum Mariae. Una frase ripetuta costantemente durante le numerose apparizioni mariane avvenute in Francia, a Notre-Dame du Laus, La Salette, Lourdes, rue du Bac, Pontmain e perfino all’Île-Bouchard.

Per questo nonostante c’è speranza che, alla fine, Maria non mancherà di riportare quelle terre, che le appartengono, al loro antico splendore ed ai fasti della fede cristiana dopo che la generazione perversa sarà tramontata del tutto, poiché, come cantò l’umile fanciulla di Nazaret, che tutte le generazioni diranno beata, Dio abbassa ed esalta, disperde i superbi, rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili. Ed il pellegrinaggio Parigi-Chartres, che attrae ogni anno schiere sempre più numerosi di giovani francesi, lascia ben sperare per un domani francese radioso nella fede cristiana e quel voto costituisca il seme odierno della rinascita cattolica in Francia.

Per approfondimenti: René Laurentin, Le vœu de Louis XIII passé ou avenir de la France ?, 2° ed., Paris, 2004.

NOTE

[i] Il ciclo di novene, iniziato il 5 novembre 1637, si concluse il 5 dicembre di quell’anno. Esattamente nove mesi dopo nacque il tanto desiderato bambino.

[ii] Il testo del voto si può consultare, in lingua francese, qui.

[iii] «Plura tempia Mariae dicat Carolus Magnus. Normandiae buces Reginam nalionis praedicant Mariani. Sanctus Ludovicus Rex quotidie Virginis officium devote recitat. Ludovicus XI, pro voto solvendo, Nostrae Dominae templum in loco Cléry aedificat; tandem Ludovicus XIII Galliae Regnum dedicat Mariae iubetque ut quotannis, festo die Virginis in caelum assumptae, solemnes in universis Galliae diocesibus pompae habeantur: hasque solemnes pompas et in praesens agi singulis annis non ignoramus»: Acte de S.S. Pie XI, t. I (1922-1923), Paris, 1927, pp. 20 ss. (testo qui).

[iv] «Quare, collatis consiliis cum VV. FF. NN. S. R. E. Cardinalibus Congregationi praepositis pro Sacris Ritibus tuendis, Motu proprio atque ex certa scientia et matura deliberatione Nostris, deque Apostolicae Nostrae potestatis plenitudine, praesentium vi, perpetuumque in modum, Beatissimam Virginem Dei Genitricem Mariam, sub titulo Assumptionis in caelum, uti praecipuam universae Galliae apud Deum Patronam rite electam declaramus et confìrmamus, cum omnibus privilegiis atque honorificentiis, quae huic nobili titulo ac dignitati competunt» (ibidem).

Fonte: Il Timone, 22.8.2024

domenica 7 luglio 2024

XVII anniversario (e forse ultimo) del Summorum Pontificum

Son passati 17 anni dalla promulgazione del Summorum Pontificum. Eppure sembra passato un secolo e, oggi, relegato quasi ad oggetto di antiquariato di nostalgici, che, come i c.d. soldati fantasmi giapponesi, abbandonati nelle sperdute isole del Pacifico, continuavano a combattere per l’impero del Giappone, nonostante la seconda guerra mondiale fosse terminata da tempo.

Oramai, quindi, siamo forse negli ultimi giorni di scampoli di questo documento voluto da Benedetto XVI, prima che su di esso si abbattano – inesorabili – le tagliole del – si vocifera – ormai prossimo documento vaticano, che, dovrebbe porre la pietra tombale sul m.p. di papa Ratzinger (cfr., tra i tanti, URGENT - URGENT - Growing Rumors of a “Final Solution” for the Traditional Latin Mass – TLM, in Rorate coeli, 17.6.2024; Archbishop Viola, the violator of Tradition -- the dangerous secretary of Divine Worship and the man behind the attempts to ban the Traditional Mass. His letter to the Melbourne Archbishop, ivi; Il Dicastero per il Culto Divino dice no al Vetus Ordo in cattedrale, in Silere non possum, 18.6.2024; Il Vaticano sta pianificando un divieto «definitivo» della Santa Messa tradizionale, probabilmente il 16 luglio, in blog Messa in latino, 20.6.2024).

Certo, potrebbe pure porsi termine alla liberalizzazione della c.d. messa antica, ma altrettanto certamente questa messa non potrà mai essere soppressa, nonostante le macchinazioni dell’odierno establishment vaticano.

Quindi, sebbene nel contributo che segue di Franco Parresio, scritto per celebrare il 17° anniversario del Summorum lo scorso 7 luglio, questi esclami – alla maniera appunto dei soldati giapponesi di cui si è detto – “Auguri, Summorum! E buona vita!”, noi preferiamo rivolgere quell’auspicio di “buona vita” alla messa in rito antico nonostante tutto, ricordando l’eroica resistenza, in Francia, a Port Marly, nel lontano 1987, nella I Domenica di Passione (cfr. Un ricordo del 1987 sulla resistenza per la Messa Tradizionale, ivi, 8.7.2024).


Buona lettura.


Diciassette anni del Summorum Pontificum

di Franco Parresio

Diciassette anni sembrano pochi e invece sono un bel traguardo! Il nostro Summorum, tra tante incertezze che lo hanno accompagnato sin dalla sua nascita, è quanto mai vivo e rigoglioso. E questo perché non è opera dell’uomo – come a certuni può sembrare – ma di Dio. Il tre volte sette, che lo caratterizza, parla chiaro: promulgato il sette luglio duemilasette (7.7.7) e pubblicato – guarda caso! – alla pagina 777 (vol. 99) degli Acta Apostolicae Sedis. Il crescente interesse, infatti, verso l’Usus Antiquior della Liturgia Romana è ormai un dato acclarato: solo chi ostinatamente non vuole vedere, continua nella sua illogica propaganda denigratoria di esso. Sorprende, in modo commosso, notare che in sua difesa non scendono in campo solo i cosiddetti tradizionalisti, ridicolizzati come “indietristi”, bensì quell’insospettato mondo di intellettuali e attivisti fuori dalla Chiesa, come Agatha Christie e Bianca Jagger, alle quali va tutta la nostra riconoscenza.

Leggo in Messainlatino.it che era il 6 luglio del 1971 quando il Times di Londra (il quotidiano più autorevole al mondo) pubblicò «un appello a Papa Paolo VI in difesa della Messa tradizionale in latino firmato da scrittori e artisti cattolici e non cattolici, tra cui Agatha Christie, Graham Green, Barbara Hepworth e Yehudi Menuhin». A distanza di cinquantatré anni lo stesso giornale il 3 luglio scorso ha pubblicato un appello analogo sottoscritto da «nomi  illustri [che] hanno firmato la petizione per implorare la S. Sede di preservare e mantenere la MTL (cioè la Messa Tradizionale in Latino). Tra essi si leggono: Bianca Jagger (moglie del mitico Mick Jagger dei Rolling Stones), Lloyd-Webber (produttore di celebratissimi Musical quali Jesus Christ Superstar, Cats, Evita, The Phantom of the Opera), Kiri Te Kanawa (soprano stimato anche dalla Regina), la principessa Michael del Kent, lo stilista Paul Smith, l’ex ministro Michael Gove».

Ancora una volta è quell’insospettato mondo anglosassone, del quale scimmiottiamo modi di dire, rendendoci ridicoli, a salvaguardare la cultura latina, ben strutturata nella Liturgia Romana precedente alle riforme montiniane.

La petizione del 6 luglio 1971, dunque, guarda lontano (ben oltre l’ottenimento di un semplice indulto che porta il nome della stessa Agatha Christie): a quel 7 luglio 2007, giorno della promulgazione del Summorum Pontificum, in cui esplicitamente si dice che «è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962», perché «mai abrogato». E questo è un dato incontrovertibile, ammesso dalla stessa Lettera di accompagnamento al motu proprio Traditionis custodes, in cui, richiamando un passo del m.p. ratzingeriano, si parla del «Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato».

Auguri, Summorum! E buona vita!

domenica 31 marzo 2024

Al termine del Santo Giorno di Pasqua, il canto del Magnificat

 





Benedizione Urbi et Orbi del papa

PASQVA ROMANA
Il filmato risale al 1940. Mostra la benedizione papale "Urbi et Orbi" (per la Città - Roma e il mondo) data direttamente dopo la solenne Messa papale di Pio XII nella Basilica Vaticana


Antifona pasquale del Regina Coeli

 


Ultimo papa a cantare il Regina Coeli ..... praticamente un millennio fa .....


Seguace di Roger van der Weyden, Cristo risorto appare a sua madre, 1475 circa, National Gallery of Art, Washington 

Cristo è veramente risorto! Auguri di Santa Pasqua

Christus resurrexit, vere a mortuis resurrexit!

Cristo è risorto, è veramente risorto dai morti. Auguri di Santa Pasqua ai nostri lettori

Irma Martin, Le tre donne alla tomba di Cristo, 1843, Musée du louvre, Parigi


sabato 30 marzo 2024

Immagini per meditare il Sabato Santo


Francisco Goya (attrib.), Pietà, 1774

Scuola fiamminga, Pietà, XVII sec.

Addolorata e Cristo morto, Vico del Gargano

Pierre Jean Van der Ouderaa, Le sante donne ritornano dalla tomba di Cristo, 1893

Antonín Krisan, Pietà, 1884, Galleria d'arte moderna, Hradec Králové

Hanuš (Hans) Tichý, Oplakávání (Pietà), 1888, Moravská galerie, Brno